Di seguito vengono spiegate le proprietà ottiche della pelle per meglio comprendere l’effetto della radiazione ottica. A livello visivo, la pelle può essere considerata come un mezzo disomogeneo composto da quattro strati: Strato corneo, Strato spinoso, Derma, Sottocute (1 -3 mm).
Tali strati hanno un diverso indice di rottura e una diversa distribuzione cromofora, pertanto le proprietà riflettenti, di trasmissione e dispersive cambiano a seconda della lunghezza d’onda. La figura in alto mostra una descrizione schematica degli strati principali e la profondità di penetrazione in funzione della lunghezza d’onda.
La fotochemioterapia è un metodo di trattamento con luce ultravioletta. Con la fotochemioterapia, chiamata anche PUVA, viene somministrata anche una sostanza fotosensibile.
La moderna fotomedicina iniziò intorno al 1900 con la pubblicazione (1899) di Niels Finsen, in cui descrisse come trattare la tubercolosi cutanea tramite radiazione ultravioletta. Negli ultimi 40 anni sono apparse moltissime pubblicazioni sulla ricerca fotobiologica e sulla fotomedicina che rispecchiano il potenziale in crescita della radiazione ottica per la terapia. Nel caso della fototerapia è determinante il dosaggio corretto. Ciò significa che va eseguita sempre sotto supervisione medica!
Fotochemioterapia PUVA Gli inizi degli anni 70 hanno segnato una nuova epoca nella fotomedicina terapeutica: in seguito a ricerche condotte negli USA e in Austria, è stato descritto per la prima volta il trattamento sistemico della psoriasi con psoraleni e radiazione UVA (terapia PUVA). Fu allora introdotto il principio della fotochemioterapia. Si tratta di una combinazione tra un composto chimico fotosensibilizzante e la radiazione ottica, per ottenere un risultato altrimenti non raggiungibile con la sola radiazione i soli farmaci. Il farmaco può essere impiegato esternamente o internamente per raggiungere la cute tramite la circolazione sanguigna e viene attivato con radiazione UVA. In pratica, la fotochemioterapia PUVA della psoriasi e altre malattie della pelle, (al momento si conoscono più di 20 indicazioni) viene eseguita tramite la combinazione di un farmaco a sensibilità UV e lampade UVA Nuove ricerche hanno dimostrato che la terapia PUVA per il trattamento della psoriasi implica degli effetti collaterali, qualora il trattamento venga svolto per lunghi periodi a dosaggio elevato. Con le condizioni sopra descritte, l’applicazione PUVA può aumentare il rischio di tumore alla pelle. Pertanto, oggigiorno viene privilegiata la fototerapia UVB a banda stretta.
Fototerapia UVB a banda larga e banda stretta. La fototerapia per il trattamento della psoriasi e altre malattie della pelle è una terapia senza agente fotosensibilizzante (SUP= fototerapia UV selettiva). Si tratta in tal caso della primissima forma del trattamento. Si basa sulle esperienze dell’effetto favorevole della luce solare sull’aspetto generale della pelle. Alcuni studi hanno dimostrato che la fototerapia con UVB è efficace come la terapia PUVA, qualora venga rispettato il corretto dosaggio. Un altro parametro critico è la lunghezza d’onda UVB impiegata. Diversi studi indicano che il campo di lunghezze d’onda favorevole per un trattamento UVB efficace della psoriasi si trova nella fascia a onde lunghe dello spettro UVB (tra 305 e 315 nm). Ciò si traduce da un lato in un’efficacia elevata (dal punto di vista terapeutico), dall’altro lato in un rischio minimizzato (acuto e cronico). Per il trattamento della psoriasi sono indicate principalmente due lampade fluorescenti con diversa distribuzione dello spettro: la lampada fluorescente a banda stretta UVB e la lampada a banda larga UVB.
L’efficacia eritemica della radiazione di una lampada a banda stretta UVB è chiaramente minore rispetto a una lampada a banda larga UVB. Pertanto, la lampada a banda stretta può irradiare UVB senza provocare eritema (arrossamento della pelle). Studi recenti indicano inoltre un successo terapeutico con un dosaggio decisamente inferiore alla soglia eritemica. In tal modo si accorcia la durata dell’irradiazione e si diminuisce la dose totale dando luogo a una riduzione degli effetti collaterali acuti e cronici. Le lampade a banda stretta UVB sono state testate in moltissimi studi clinici e sono universalmente applicabili. Gli apparecchi con lampade a banda stretta UVB offrono buone possibilità per la terapia domiciliare in quanto il dosaggio può essere regolato senza problemi. Il medico imposta il piano terapeutico (adattamento dei parametri dello strumento alla sensibilità alle irradiazioni indiviudale del paziente) e controlla a intervalli regolari il successo del trattamento. Una volta scomparsi i sintomi, grazie ad un dosaggio personalizzato è possibile pianificare facilmente una terapia di mantenimento.
Fototerapia balneare Le esperienze positive avute con il trattamento della psoriasi nelle acque del mar Morto, vengono trasferite sempre più spesso nel trattamento clinico. Il bagno in in acqua salata con irradiazione a banda stretta UVB in contemporanea o immediatamente successiva porta risultati positivi con dosaggi minori rispetto alla fototerapia SUP. Ciò si deve soprattutto alla maggiore trasparenza della pelle umida. La fototerapia balneare nel trattamento della psoriasi ha maggior successo se eseguita in modo stazionario presso stabilimenti termali, in centri terapeutici o ambulatorialmente.
Il sole rappresenta da sempre per l’essere umano la fonte della vita. Spesso veniva considerato una divinità e gli uomini credevano alla capacità di guarigione dei suoi raggi.
Nell’antichità il culto del sole del faraone Akhenaton (1350 AC) era di enorme importanza. Egli fece erigere dei templi dedicati ad Aton il dio della luce il che era per quei tempi assolutamente inusuale: affinché la luce solare potesse illuminare pienamente gli ambienti interni, i templi non avevano alcun tetto. Come esempio ai loro religiosi, Akhenaton e i suoi familiari si tolsero i vestiti per approfittare del potere curativo dei raggi solari. I sacerdoti mantennero tuttavia un atteggiamento scettico rispetto alla religione “illuminante” di Akhenaton.
Dopo la morte di Akhenaton i templi del sole vennero presto abbattuti. L’abitudine in Egitto di “esporsi al sole” continuò ciò nonostante anche nei secoli successivi. Lo storico Erodoto (5° sec AC) lo trovò talmente interessante che descrisse l’esposizione al sole nelle sue cronache: “È stata riconosciuta da subito l’esposizione al sole come necessità naturale ed istintiva in virtù delle proprietà terapeutiche derivanti dalla luce solare. Le persone con salute cagionevole si sentono attratte dalla nostra più grande fonte di radiazioni ottiche – il sole.” Fu allora che nacque la fototerapia, basandosi più che altro sulle esperienze positive nel trattamento di vari disturbi piuttosto che su cognizioni scientifiche. Il medico greco e “padre” della scienza medica, Ippocrate (460 AC), durante i suoi numerosi viaggi in Egitto, studiò il trattamento con luce solare che si praticava. Al suo ritorno in Grecia, fece costruire a Kos una clinica e una scuola di medicina prendendo distanza dalla medicina praticata dai sacerdoti. Nel suo sanatorio, costruito con galleria aperta orientata verso sud, curava i pazienti su basi scientifiche, per questa ragione venne riconosciuto come il fondatore della fototerapia.
Successivamente, i greci e i romani continuarono ad applicare la fototerapia, chiamata anche elioterapia. Nelle stesse terme romane era possibile fare un bagno di sole nel cosiddetto solarium. Con la caduta dell’impero romano scomparve anche l’elioterapia. Negli anni cupi del medioevo e con l’espansione del cristianesimo, le conoscenze mediche ed igieniche fecero dei passi indietro. Con l’avanzare del cristianesimo la consapevolezza del corpo e la nudità erano considerate peccaminose. Lo svizzero Arnold Rikli (1823 – 1906) riportò l’attenzione sugli oramai dimenticati benefici della luce solare, che sfruttò con successo per sviluppare efficaci terapie naturali. Sviluppò approcci e linee guida terapeutiche validi ancora oggi. Il suo motto “l’acqua fa bene, l’aria meglio, la luce è la migliore” resta il fulcro dell’elioterapia. Il medico danese Niels Ryberg Finsen (1860 – 1904) sancì nel 1898 la rinascita della fototerapia: fece realizzare a Copenhagen un giardino solare dove i suoi pazienti potevano esporsi al sole completamente nudi. All’inizio si utilizzava solamente luce solare naturale, ma visto che la luce solare a quelle latitudini (55 °N) non era disponibile in grande quantità, fu presto necessario ricorrere a fonti di luce artificiali. Scoprì quindi che la zona ultravioletta dello spettro di luce solare aveva un effetto benefico sul corpo umano. Nel 1893 dimostrò che la luce rossa aiutava la guarigione della pelle di pazienti affetti da vaiolo. Con raggi ultravioletti artificiali fu in grado di aiutare i pazienti colpiti da tubercolosi cutanea. Nel 1903, un anno prima della sua morte, ricevette il premio nobel per la medicina.