Il sole rappresenta da sempre per l’essere umano la fonte della vita. Spesso veniva considerato una divinità e gli uomini credevano alla capacità di guarigione dei suoi raggi.
Nell’antichità il culto del sole del faraone Akhenaton (1350 AC) era di enorme importanza. Egli fece erigere dei templi dedicati ad Aton il dio della luce il che era per quei tempi assolutamente inusuale: affinché la luce solare potesse illuminare pienamente gli ambienti interni, i templi non avevano alcun tetto. Come esempio ai loro religiosi, Akhenaton e i suoi familiari si tolsero i vestiti per approfittare del potere curativo dei raggi solari. I sacerdoti mantennero tuttavia un atteggiamento scettico rispetto alla religione “illuminante” di Akhenaton.
Dopo la morte di Akhenaton i templi del sole vennero presto abbattuti. L’abitudine in Egitto di “esporsi al sole” continuò ciò nonostante anche nei secoli successivi. Lo storico Erodoto (5° sec AC) lo trovò talmente interessante che descrisse l’esposizione al sole nelle sue cronache: “È stata riconosciuta da subito l’esposizione al sole come necessità naturale ed istintiva in virtù delle proprietà terapeutiche derivanti dalla luce solare. Le persone con salute cagionevole si sentono attratte dalla nostra più grande fonte di radiazioni ottiche – il sole.” Fu allora che nacque la fototerapia, basandosi più che altro sulle esperienze positive nel trattamento di vari disturbi piuttosto che su cognizioni scientifiche. Il medico greco e “padre” della scienza medica, Ippocrate (460 AC), durante i suoi numerosi viaggi in Egitto, studiò il trattamento con luce solare che si praticava. Al suo ritorno in Grecia, fece costruire a Kos una clinica e una scuola di medicina prendendo distanza dalla medicina praticata dai sacerdoti. Nel suo sanatorio, costruito con galleria aperta orientata verso sud, curava i pazienti su basi scientifiche, per questa ragione venne riconosciuto come il fondatore della fototerapia.
Successivamente, i greci e i romani continuarono ad applicare la fototerapia, chiamata anche elioterapia. Nelle stesse terme romane era possibile fare un bagno di sole nel cosiddetto solarium. Con la caduta dell’impero romano scomparve anche l’elioterapia. Negli anni cupi del medioevo e con l’espansione del cristianesimo, le conoscenze mediche ed igieniche fecero dei passi indietro. Con l’avanzare del cristianesimo la consapevolezza del corpo e la nudità erano considerate peccaminose. Lo svizzero Arnold Rikli (1823 – 1906) riportò l’attenzione sugli oramai dimenticati benefici della luce solare, che sfruttò con successo per sviluppare efficaci terapie naturali. Sviluppò approcci e linee guida terapeutiche validi ancora oggi. Il suo motto “l’acqua fa bene, l’aria meglio, la luce è la migliore” resta il fulcro dell’elioterapia. Il medico danese Niels Ryberg Finsen (1860 – 1904) sancì nel 1898 la rinascita della fototerapia: fece realizzare a Copenhagen un giardino solare dove i suoi pazienti potevano esporsi al sole completamente nudi. All’inizio si utilizzava solamente luce solare naturale, ma visto che la luce solare a quelle latitudini (55 °N) non era disponibile in grande quantità, fu presto necessario ricorrere a fonti di luce artificiali. Scoprì quindi che la zona ultravioletta dello spettro di luce solare aveva un effetto benefico sul corpo umano. Nel 1893 dimostrò che la luce rossa aiutava la guarigione della pelle di pazienti affetti da vaiolo. Con raggi ultravioletti artificiali fu in grado di aiutare i pazienti colpiti da tubercolosi cutanea. Nel 1903, un anno prima della sua morte, ricevette il premio nobel per la medicina.